giovedì 26 febbraio 2015

17/01/2015

E sono qui anche oggi, anche se ormai mi son messo il cuore in pace.
Alle casse ci sei, ma io mi metto in fila a quella della tua collega che è più corta.
Mi son messo il cuore in pace ma tu sei sempre bella. Ti giri anche per rivolgerle qualche parola. Poco fa hai dovuto stornare dei prodotti perché stavi passando la merce del cliente successivo senza chiudere il conto di quello prima perché sul nastro trasportatore non avevano messo quell'affare per tenere divisa la roba. Ho sentito che alla cliente, tranquillizzandola e scherzandoci, dicevi “tranquilla, ce la possiamo fare” ed è strano perché è una frase che ripeto spesso anch'io “ce la possiamo fare”, eppure non ci siamo mai conosciuti. Ma forse sono io che ho sentito male.
Oggi avevo fatto anche abbastanza spesa da poter disporre i prodotti a formare la scritta "CIAO" sul nastro trasportatore, ma ormai non ha più importanza, insistere è solo autolesionismo, è solo non voler accettare la realtà. E io voglio accettarla. La realtà.


martedì 24 febbraio 2015

ZIO TONY E IL DESTINO DEL METAL, OVVERO: COME TIRAR FUORI QUALCOSA DI BUONO DA QUALCOSA DI CATTIVO

Tony Iommi è cresciuto a Birmingham (Inghilterra), una cittadina industriale.
A quel tempo lavorava come operaio saldatore. Quel lavoro gli piaceva, ma la sua vera passione era la musica. All'età di 13 anni ebbe la sua prima chitarra, prima di allora aveva suonato solo la fisarmonica, perché tutti nella sua famiglia la suonavano.
Suonò in diversi gruppi minori, e anche come rimpiazzo nei Jethro Tull, poi incontrò una band che si chiamava The Birds and The Bees. Gli chiesero di suonare con loro e di accompagnarli in un tour attraverso l’Europa. La cosa cominciava a farsi seria e, dato che si stava prospettando per lui la possibilità di una carriera come musicista professionista, si era licenziato dalla fabbrica. Quello infatti era il suo ultimo giorno di lavoro in fabbrica, tornato a casa per il pranzo disse a sua madre che non aveva intenzione di tornare al lavoro nel pomeriggio ma lei lo redarguì dicendogli che doveva tornare e finire il suo lavoro per bene. Dato che una collega si era data malata, quel giorno l’avevano spostato ad una grossa pressa a ghigliottina comandata da un pedale che serviva a piegare lastre di metallo. Durante la mattina era andato tutto bene ma nel pomeriggio d’un tratto la pressa scese piombandogli proprio sulla mano destra mozzandogli le punte del medio e dell’anulare. Non ricorda come arrivò all'ospedale, sa solo che qualcuno arrivò portando in una scatola le parti mozzate delle dita, ma non potevano essere riattaccate. Gli dissero che non avrebbe mai più potuto suonare, e la cosa lo demoralizzò molto. Finché un giorno qualcuno non gli fece sentire un disco di un chitarrista jazz gitano che suonava con solo due dita. Si trattava di Django Reinhardt, rimasto menomato per via di gravi ustioni rimediate durante un incendio, poteva suonare solo con l’indice e il medio. Ciò lo ispirò a tal punto che decise di riprendere in mano la chitarra. Dato che le dita mozzate erano troppo sensibili e suonare diventava doloroso, si fabbricò quindi dei ditali fondendo e modellando una bottiglia di detersivo per i piatti. Ma non era comunque facile perché così non poteva sentire le corde, e i ditali scivolavano troppo. Così provò e riprovò finché non riuscì a fabbricarsene di accettabili. Un altro problema erano le corde, quelle normali erano troppo spesse, ne cercò di più sottili ma non ce n’erano, così ripiego in parte su quelle del banjo, solo in seguito sarebbe riuscito a farsi fare un set di corde sottili come voleva lui. Poi modificò l’accordatura della chitarra per rendere le corde più morbide, ottenendo un suono più sporco, più oscuro ed aggressivo. E così trovo il suo sound.
Perdere le dita per lui fu devastante, ma ciò gli permise di inventare un nuovo sound e di creare un nuovo genere di musica.



11/01/2015

Stamattina la nebbia è fitta, fitta come i miei dubbi. Sono passato a comprare due cose e tu non c'eri. Com'è iniziato male questo anno, con questa paura di rivederti, sconfortato al pensiero che non sarai mai mia.

domenica 22 febbraio 2015

04/01/2015

Oggi sarei dovuto venire per forza: ho finito il filo interdentale. E poi mia madre mi ha chiesto di comprare altre due cose, per cui eccomi già in fila alla tua cassa. Hai i capelli sciolti, sotto il camice una felpa grigia con cappuccio, le stringhe del cappuccio legate sul davanti con una ciappera (il nodo a farfalla con cui si allacciano le scarpe) e i polsi della felpa che sbucano dalle maniche del camice. Sei molto bella così. Prima che venga il mio turno ti siedi, è strano perché di solito alla tua postazione resti in piedi. Ecco, questa potrebbe essere una cosa che potrei dirti, ma non ci riesco. Hai quasi sempre un'aria crucciata e io proprio non riesco a trovare qualcosa che non ti infastidirebbe. Mi sembri addirittura più fredda, forse ti sei accorta che ti guardo con troppo interesse e non ti piace. Purtroppo lo so che con te non ho nessuna speranza, però non riesco a darmi pace.

venerdì 20 febbraio 2015

30/12/2014

Stamattina ho avuto la conferma che ti rechi al lavoro a piedi: ti ho vista sulla pista ciclo-pedonale mentre passavo in macchina per andare dal barbiere. Avevi la cuffia di lana, un giubbotto, leggins neri e stivali medio-corti. Ho pensato “vah che strano, quando mi appostavo per capire come arrivava non scoprivo niente, e adesso per caso lo scopro…”.
Quindi eccomi dopo il barbiere, entro sapendo che ci sei, ti controllo attraverso la vetrata, prendo la Gazzetta di Mantova, un album di fogli di cartoncino colorati per gli origami e una saponetta alla lavanda. Mi metto in fila alla tua cassa. Ti guardo. Sotto il camice hai un maglione a collo alto, ma non il solito, questo ha il collo largo che ti ricade sul camice. Non riesco ancora a darti un’età, ma una volta mi sembravi più giovane, comunque di sicuro sei più giovane di me. Non hai anelli alle dita, non dovresti essere sposata, ma dubito che tu non abbia il fidanzato. Il signore anziano in fila prima di me ti saluta per nome, forse è una confidenza che ti dà fastidio, non si capisce. Se ti chiamassi anch'io per nome? Credo ti infastidirebbe. Non riesco neanche a dirti ciao perché sei distratta da lui che tarda a mettere la roba nella borsa di plastica e non mi rivolgi neanche uno sguardo. Chissà, forse sei stanca. Passi la mia roba sul lettore ottico. Pago, mi dai il resto in moneta direttamente nella mano, i tuoi polpastrelli per un istante sul mio palmo. Ti dico grazie e ciao senza guardarti, il tuo ciao non lo sento, stai già facendo passare la roba del prossimo cliente.
Nel parcheggio penso a tutte le conversazioni che ho immaginato di avere con te, credo che non riusciremo mai ad averne di simili. Sono così stanco e triste oggi. Faccio un giro nel parcheggio a cercare la Clio, se c’è vuol dire che non è la tua. Non c’è.

mercoledì 18 febbraio 2015

27/12/2014

Stamattina non sapevo se venire o no. Ero più per il no. Non è facile ogni volta vederti e sapere di non avere speranze. Poi mia mamma ha detto che doveva fare un po' di spesa, così siam venuti. Tu però non c'eri: che sollievo. Lo so, è brutto da dire, ma oggi un tuo mancato sorriso mi avrebbe fatto troppo male.

lunedì 16 febbraio 2015

24/12/2014

Stamattina quando mia madre mi ha chiesto di portarla a fare la spesa e io le ho chiesto se i negozi non fossero chiusi per la vigilia lei mi ha guardato stupita. Non ricordavo fossero aperti. Così son qui anche stamattina. Scarico la mamma davanti all'ingresso, parcheggio ed entro anch'io. Non ci sei, né alle casse né altrove. Aiuto mia madre a fare la spesa, poi mentre la cerco, dopo essermi fermato a prendere i limoni, la ritrovo in una corsia dove incrocio anche te. Sei appena arrivata. E’ vero, tu di solito arrivi alle 9 e noi siamo arrivati un po’ prima. Dicevo, mi vieni incontro con indosso un piumino bianco, jeans e stivaletti bassi. Cammini controllando il cellulare, spero di vederti alzare lo sguardo e salutarmi, ma alzi lo sguardo, mi vedi e non mi saluti, anche se io un piccolo cenno con le sopracciglia te lo faccio. Ecco, questa è un’altra cosa che mi butta giù, che mi fa capire che non ti accorgerai mai di me. Quando arriviamo alle casse ci mettiamo in fila davanti a quella di una tua collega, ma poi arrivi tu e la sostituisci. Hai i capelli sciolti, il solito maglione a collo alto. Per la prima volta ti vedo ridere con una cliente che ci precede, e che sembra essere una tua amica o una parente. Riuscirò mai a farti ridere così, come qualcuno con cui puoi scherzare amichevolmente? Sono troppo giù e mi rispondo di no. Io avrei bisogno di frequentarti un po’ più da vicino e molto più spesso per riuscire a creare un minimo legame, e così proprio non ci riesco. Scusa, oggi vedo tutto abbastanza nero, o forse vedo solo la realtà dei fatti. Carico gli acquisti sul nastro trasportatore e li metto nella borsa dopo che li hai fatti passare sul lettore. Alla fine andando via pronuncio un ciao che neanche senti. Oggi purtroppo va così.

domenica 15 febbraio 2015

ORIGAMI LAND - EPISODIO 19 (LA FINE)

Mi ero ripromesso che l'ultimo episodio sarebbe stato magnifico. La storia doveva essere divertentissima e avrebbe dovuto rivelare in poche mosse tutti i misteri degli episodi precedenti; la fluidità delle scene piene di piccoli e minuziosi dettagli sarebbe stata ineccepibile, avrei piegato nuovi bellissimi origami, composto una colonna sonora degna di un kolossal che avrei suonato egregiamente e registrato in maniera impeccabile.
E alla fine avrei pianto.
Ma per fortuna è venuto uno schifo come al solito. :)



sabato 14 febbraio 2015

23/12/2014

Ho deciso di passare dopo il lavoro, giusto per vederti, perché domani non so se siete aperti, dato che è la vigilia. E poi ho voglia di vederti prima di Natale, che non so se con le feste ci sarai, e se ti vedrò. Quindi sono qui alle 18 e 20 circa.
Diversamente dalle altre volte che, passando dal parcheggio sul retro, venivo per capire che macchina avevi, stavolta entro direttamente nel parcheggio davanti e ti scorgo subito attraverso la vetrata: hai i capelli sciolti con la riga a destra e un ciuffo che ti cade a sinistra sulla fronte. Faccio un giro nel parcheggio e vedo che come al solito non c’è un posto in cui parcheggiare per osservarti, per cui faccio un altro giro passando davanti per vederti ancora. Hai l’aria un po’ stanca. Io ai dubbi di poterti un giorno riuscire a parlare e conoscere, alle probabilità che un giorno riesca almeno a strapparti un sorriso, alle considerazioni che è impossibile che un giorno tu possa provare quello che io provo per te non ci voglio pensare, voglio solo pensare che sei bella di una bellezza che proprio mi commuove, che mi fa venire quasi le lacrime agli occhi, e spero che in questi giorni di festa tu non debba lavorare, che tu ti possa riposare, che tu possa trovare qualcosa che ti porti la stessa gioia che ho io nel vederti.

giovedì 12 febbraio 2015

21/12/2014

Stamattina prima di partire ho controllato nella tasca del giaccone in che condizioni era il regalo che tengo in serbo per te. Gli si è staccata la fogliolina. E' un fiore di carta fatto con la tecnica dell’origami, te lo posso anche dire. Non so se troverò mai il coraggio o il modo di dartelo, però stasera la fogliolina la rincollo. Stavolta prima di venire lì sono andato a fare un giro al mercato e ho fatto anche una passeggiatina in riva al fiume molto più lunga rispetto al solito perché volevo dare tempo a mio padre di venire a prendere il polletto allo spiedo, perché è partito pochi secondi prima di me e di sicuro passava di lì.
Quindi eccomi qui. Mentre mi incammino verso l’ingresso ti vedo attraverso la vetrata, e son contento. Entro e mi tolgo scalda-collo e cuffia, mentre mi allungo per prendere la Gazzetta di Mantova in alto sull'espositore vedo che per un istante guardi verso di me, da questa distanza non so se i nostri occhi si sono incrociati, ma a me piace pensare di sì. Hai notato che sono andato ancora dal barbiere e che i miei capelli sono rasati quasi a zero? Io tra me e me lo chiamo taglio a grattugia perché se ci strofini sopra la mano la sensazione è quella lì. Come mi piacerebbe farteli sentire…
Per non fare come l’altra volta che sei andata via prima che venisse il mio turno, mi affretto a prendere una confezione di croissant e la confettura alle ciliegie. Hai i capelli sciolti, il maglione a collo alto, ti saluto con un ciao appena tocca a me, e mi accorgo che ancora non ho il coraggio di dirti altro, mi chiedi se voglio un sacchetto e io ti dico “no, grazie”. Pago con 5 euro e 50 centesimi. Mi dai il resto di 6 centesimi. Porgo la mano per prenderli direttamente dalla tua mano e dico grazie. Vado via. Nel parcheggio realizzo che non avverto più quel forte trasporto che avvertivo nei tuoi confronti, e penso che forse è una cosa positiva, perché stamattina davvero ci mancava poco, sentivo di poterti dire qualcosa, se solo fossimo stati da soli, anche solo per un minuto.

martedì 10 febbraio 2015

20/12/2014

Stamattina non sapevo se riuscivo a venire perché dovevo lavorare, ma ho staccato alle 10.30 e quindi alle 11 sono qui.
Già dal parcheggio vedo che non ci sei, e anche dentro guardo in giro ma non ti vedo. Peccato perché oggi avevo i vestiti da ufficio, con la mia camicia più bella e i pantaloni neri di velluto.
Comunque anche oggi vado dal barbiere così sono in ordine se ti incontro domani.

domenica 8 febbraio 2015

14/12/2014

Da fuori non ti vedo perché mi distraggo a guardare un gatto rosso che vaga nel parcheggio. Quando entro vedo che non ci sei e mi rattristo.
E invece ci sei, mentre prendo la Gazzetta vedo che stai sistemando della merce.
Ogni tanto ho questa fortuna di vederti tutta intera, che di solito sei dietro alla cassa.
Hai i capelli sciolti con la solita riga sulla destra, il maglione a collo alto sotto il camice rosso, alle gambe leggings neri infilati in quegli stivali alti con dentro il pelo che io penso sempre che son quelli che usano gli eschimesi.
Faccio finta di leggere la Gazzetta per non farti capire che son qui per te, che oggi ho anche la scusa che mia madre mi ha mandato a prendere i limoni. Sarebbe bello trovare una scusa per avvicinarti e dirti qualcosa, ma non la trovo.
Mentre cerco un’altra cosa che mi ha chiesto mia madre sento che ti chiamano alle casse, e son contento, per cui aspetto un po’ e vengo, ma forse avrei dovuto precipitarmi subito, perché appena mi metto in fila ritorna la tua collega che probabilmente ti aveva chiesto di sostituirla un momento e tu te ne vai verso il banco surgelati. Io cerco di incrociare il tuo sguardo, di vedere se ti volti verso di me, se ti accorgi di me, ma niente, tiri dritto e sparisci in una corsia.
Ecco, adesso sono fuori nel parcheggio, e sono questi i momenti in cui il velo si squarcia e vedo chiaramente la realtà: neanche in un milione di anni riuscirei a farti innamorare di me, perché del mondo che cospira contro noi due fai parte anche tu.
Vado a fare due passi al mercato, la pizza che mi ero ripromesso di prendermi la settimana scorsa non ho più intenzione di prenderla, sono triste, vado al fiume a controllare quanto è alto, poco meno della volta scorsa. Scorre.
Quanto fa male a volte la realtà.
Torno indietro e mi fermo al banchetto che vende la pizza al taglio, ci ho ripensato, ne prendo un trancio coi funghi.
A casa mangio la pizza davanti alla TV, danno un incontro di boxe tra un italiano e un americano. Mentre i due sono ai rispettivi angoli alla fine della sesta ripresa, viene inquadrato l’angolo dell'italiano con l’allenatore che con accento toscano gli dice che sono in svantaggio ai punti però aggiunge “tranquillo che si vince”.
Resto fino alla fine dell’incontro per vedere come finisce, e l’italiano perde.
E io con te non vinco ma mi dico “tranquillo che si vince”.

sabato 7 febbraio 2015

The Doors

E poi arriva il giorno che bussi alle porte della percezione e viene ad aprirti Jim Morrison in ciabatte.

venerdì 6 febbraio 2015

13/12/2014

Stamattina ti vedo già dal parcheggio che ci sei, hai i capelli sciolti con la riga in cima verso destra.
E’ una settimana che non ti vedo.
Sono andato dal barbiere anche oggi perché i miei pochi capelli appena crescono un po’ mi fanno un effetto che non mi piace, fra un po’ è meglio rasarli proprio a zero.
Oggi è Santa Lucia, dovevo farti trovare una cosa sul parabrezza stando ai miei piani iniziali, ma poi non ho capito con certezza qual è la tua macchina e in più ho pensato che era troppo avventato e rischiavo solo di spaventarti o farti stare in pensiero, che devo avere pazienza.
Ho giusto quella cosa qui nella tasca interna del giaccone, nella remota ipotesi che si palesi l’occasione giusta, ma non si palesa.
Prendo Wurstel, Emmenthal, Gazzetta di Mantova e una saponetta alla lavanda, giro un po’ in attesa di capire se stai chiudendo la cassa o se la tieni aperta. Appena vedo che sei l’unica alla cassa mi avvicino, peccato non ci sia nessuno in fila, vorrei aver più tempo per osservarti. Quanto mi piace scoprire nuovi particolari di te. Poso gli acquisti sul nastro trasportatore, ti guardo mentre parli con una collega. Mi piace proprio tanto la tua voce. Poi ti giri, mi guardi e dici “ciao” e io dico “ciao”, poi passi la roba sul lettore e sono 7,67 euro. Passo questi pochi istanti a cercare di trovare qualcosa da dirti e invece niente, poi c’è anche qualcuno che grida qualcosa e ti giri a guardare, per cui ho perso anche questo momento. Ti pago con due banconote da 5 € perché giusti non sono sicuro di averceli e poi son confuso. Mi dai il resto di 2,33 € direttamente in mano, un minimo contatto del tuo polpastrello sulla mia mano che vorrebbe stringerti, poi ti guardo un istante negli occhi, un istante e poi li abbasso. Non mi stancherei mai di guardarli quegli occhi. E invece devo dirti “grazie e ciao” e andar via.
Fuori sono dispiaciuto per non essere riuscito a dirti nulla ma poi tornando a casa mi viene in mente che stavolta mi hai detto “ciao” tu per prima, ma forse ricordo male, sarebbe bello se fosse così: io e questa cosa che sento per te che sto cercando di stemperare e tu che invece forse stai cominciando ad accorgerti di me. Sarebbe bello. Sarebbe bello incontrarci a metà. Lo scontrino come al solito al sicuro nel mio portafogli.

giovedì 5 febbraio 2015

Il sogno della collega

L'altra notte una collega ha sognato che mentre lei era alla guida io mi gettavo dalla sua auto in corsa, poi una volta rincontratomi in ufficio mi dava del coglione, per via del gesto avventato.

Analizziamo il sogno.

COLLEGA: sognare colleghi di lavoro significa in genere difficoltà nel riuscire a staccare completamente dall'attività lavorativa. A seconda di come si comportano i colleghi nel sogno e di come ci si comportata nei loro confronti è possibile desumere l'esistenza di conflitti o malumori inespressi.

GUIDARE L'AUTO: rappresenta in generale il proprio senso di responsabilità.

PERICOLO: nel caso il pericolo non sia causato dalla persona che lo sogna esprime un senso di vulnerabilità e insicurezza.

INSULTO: potrebbe indicare lo sfogo per un contrasto da cui  si è usciti sconfitti con la persona che viene offesa.




mercoledì 4 febbraio 2015

07/12/2014

Stamattina son venuto verso le 9 ma tu non c’eri.
Tutto sommato son contento che ogni tanto la domenica non lavori.
Probabilmente adesso sei ancora sotto le coperte.
Cerco di fare in fretta perché lo so che c’è il rischio che da qui a poco arrivi mio papà con la sua nuova fissazione di comprare il polletto arrosto, per cui prendo al volo la Gazzetta di Mantova, 3 mele rosse e 3 tavolette di cioccolata da tenere come scorta in ufficio.
Una volta uscito non vado neanche a controllare le auto. Sì, non mi interessa più, se devo scoprire qual è la tua auto preferisco scoprirlo per caso, preferisco chiedertelo, piuttosto di fare queste cose un po’ da maniaco.
Stamattina presto pioveva ma adesso volge al bello, così vado in paese a fare una passeggiata sul mercato. Non fa neanche freddo, si sta proprio bene. Camminando scorgo il fiume Mincio dietro l’abitato, vado a vederlo, è bello pieno, ma tranquilla, non voglio buttarmici dentro solo perché stamattina non ti ho vista, anzi faccio due passi lungo la riva e penso a come sarebbe bello passeggiarci con te, e noto che coppie a quest’ora del mattino non se ne vedono, solo qualche pescatore e gente che porta a spasso il cane.
Preparati perché la prossima volta che ti vedo provo a chiederti qualcosa.

martedì 3 febbraio 2015

L'HOT DOG

Al centro commerciale mi fermo a prendere un hot dog. Non che non ne abbia mai mangiati prima, ma nel mio immaginario l'hot dog è quel panino tagliato per il lungo dentro cui viene depositato un würstel con sopra eventuale cipolla, crauti e altra roba, e su cui ci si spara a piacere mostarda, senape, maionese etc..
Invece rimango deluso nel vedere che il panino viene infilzato su una grossa punta di metallo che lo fora attraversandolo per il lungo ma fermandosi poco prima di uscire dall'altra estremità, che rimane chiusa. Nel foro vengono versati senape e ketchup (come da mia richiesta) e infine viene infilato il würstel già fatto scaldare a parte sopra dei rulli arroventati.
In pratica, se lo tieni verticalmente, ti ritrovi in mano un panino con il wurstel che esce di poco nella parte in alto mentre la senape e il ketchup rimangono accumulati sul fondo. Per cui, che fai? Lo capovolgi sperando che le salse, per via della forza di gravità, si spostino a ricoprire tutta la lunghezza del würstel, ma ci riesci solo parzialmente, infatti poi, nell'ultimo boccone, di würstel non ne trovi più, rimane solo pane e un enorme quantitativo di senape che una volta in bocca ti manda in corto circuito il sistema neuro-vegetativo, libera le vie aeree, e ti fa lacrimare copiosamente l'occhio sinistro.

lunedì 2 febbraio 2015

06/12/2014

Stamattina son venuto alle nove dopo essere passato dal barbiere. Ieri non l’ho scritto, ma nel camerino di un negozio d’abbigliamento dove c’era uno specchio che rifletteva in un altro specchio la mia immagine di tre quarti mi son visto veramente brutto, con l’effetto cane spelacchiato in testa, la micro-mandibola, gli occhi sporgenti e un po’ ingobbito.
Ma io come potrò mai riuscire a piacerti?
Mi son buttato abbastanza giù.
Dal barbiere avrei dovuto andarci comunque oggi.
Così adesso metto 2 euro nel carrello ed entro. Guardo e ci sei. Cassa 5. Prendo la Gazzetta di Mantova, 3 scatole di lenticchie e 3 flaconi di detersivo per i piatti (che domenica mio papà si è sbagliato e ha preso quello per i pavimenti). Mi metto in coda alla tua cassa.
Ho deciso di smetterla con gli appostamenti, la cosa di lasciarti qualcosa sul parabrezza o nel cestino della bici era una scemata, quindi è inutile star qui a fare il detective, poi tanto non avresti capito o avresti preso paura. Poi magari più avanti ci ripenserò. Purtroppo questo insistere non ha senso e comincia a farmi soffrire e a pensare di rinunciare.
Mentre sono in fila il signore prima di me mi attacca la pezza sulle notizie del giornale. Cerco di parlarci invece di chiudere il discorso solo a monosillabi; anche col barbiere ci ho parlato, gli ho detto proprio la mia opinione riguardo un problema di salute che aveva, che di solito taglio corto per non ridurmi a dire le solite banalità. Chissà, forse qualcosa un minimo sto cambiando e un giorno riuscirò a dire qualcosa anche a te.
Intanto che sono in fila ti guardo, hai i capelli raccolti dietro in una coda piegata a meta che torna indietro nell'elastico, non so come si chiama quest’acconciatura. Mi piace il tuo viso, grazioso, gentile e un po’ severo, come mi piacciono le tue sopracciglia che non sono assurdamente sottili come invece si usa tenerle adesso. Hai delle belle orecchie, piccole. All'orecchio destro hai due buchi per gli orecchini ma non indossi orecchini.
Quando arriva il mio turno ti dico subito ciao, di solito non lo faccio, lo dico solo alla fine. Mi piace anche la tua voce, quel ciao che risponde al mio saluto.
Ma tu ti chiedi mai chi sono io?
Sono 5,88 euro, te li do così: una banconota da 5 euro, una moneta da 50 centesimi e 2 da 20 centesimi. Forse 88 centesimi giusti ce li avrei ma ti farei perdere troppo tempo a cercarli.
Mi dai 2 centesimi e lo scontrino e ti dico “grazie e ciao” gustando il tuo “ciao” in risposta.
Poi a casa metterò lo scontrino nello scomparto speciale del mio portafoglio.

domenica 1 febbraio 2015

Il mio motore invaso da una sostanza aliena

E' sempre bello ricevere un messaggio del meccanico che dice: 
"questo è il tuo motore... 

...ci sarà da lavorarci un bel po'".

Ma partiamo dall'inizio: da almeno due anni mi preoccupo per la puzza di gas di scarico che ogni tanto mi arriva nell'abitacolo. Più volte ho chiesto in giro e mi hanno sempre detto che è normale, che le auto diesel fanno quella puzza lì ed è facile che entri quando la ventola dell'abitacolo è accesa e aspira i gas di scarico quando sei fermo ad uno stop.
Poi un giorno ho avuto dei problemi al display del cruscotto e quando l'ho portata in concessionaria per un semplice aggiornamento del software ho chiesto ancora, giusto per sentire se era stato trovato un qualche rimedio. Insistendo un po' col meccanico che mi stava ripetendo le stesse cose che già avevo sentito mi sento dire "ma non è che senti un rumore tipo un CIUF CIUF?" e da bravo rumorista mi ha rifatto il rumore preciso di un piccolo sbuffo che si ripete in continuazione CIUF CIUF CIUF CIUF (non come quello del treno). E io ho ripensato a proprio quel rumore che ogni tanto avevo notato, ma che credevo fosse un rumore fisiologico dovuto all'invecchiamento del motore e a cui non avevo dato importanza dato che quando l'avevo portata a fare il tagliando nemmeno i meccanici me l'avevano fatto notare.
Insomma, per farla breve c'era la rondella che teneva fisso l'iniettore che lasciava passare uno sbuffo di gasolio bruciato misto a schifezze varie, tale materia risalendo nel vano iniettori restava lì e pian piano solidificava.

Motore dopo la pulitura, mancano ancora gli iniettori e un po' di tubi.

Le donne dei siti d'incontri

Le foto delle donne dei siti d'incontri mediamente sono di qualche anno fa. Loro sembrano più alte e slanciate di quanto non si capisca....